L’uomo contro lo Stato

Un attacco radicale alle dottrine che limitano la libertà individuale in nome di altri obiettivi sociali

A cura di Alberto Mingardi

Pagine CXII-296

ISBN 978-88-98094-37-0

Prima edizione 2016

Seconda ristampa 2018

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«La grande superstizione politica del pas­sato era il diritto divino dei re. La grande superstizione politica del presente è il di­ritto di­vino dei parlamenti».

Herbert Spencer fu un nemico impla­­ca­bile di ogni “superstizione politica”. L’uomo contro lo Stato (1884), forse il più noto dei suoi saggi politici, è un testo di batta­glia, che si situa al di fuori della “Fi­lo­sofia sintetica” sulla quale Spencer la­vorò per tutta la vita. In quel­l’ambito, egli ave­va sviluppato una vasta teo­ria evo­­­lu­zio­­ni­stica. Da un lato ci sono “so­cietà mi­­­­­litari”, caratterizzate da un basso grado di divisione del la­voro e fortemente ge­­­rar­­­­chiche, e dall’altro “so­cietà industriali”, che hanno un grado elevato di di­vi­­­sione del lavoro e riconoscono crescenti spazi di li­bertà agli individui. Il prin­­­ci­pio cardine delle società più evolute è la “legge dell’eguale li­ber­tà”, per cui ciascuno ha di­ritto al massimo di libertà com­patibile con la libertà altrui. L’uomo contro lo Stato muove un attacco ra­dicale a tutte quelle dottrine che cer­cano di limitare la libertà individuale in nome di altri obiettivi sociali.

Questo libro comprende anche l’opera prima di Spencer, Il giu­sto ruolo del go­verno (1843), che contiene in nuce molte delle sue idee suc­cessive.