«La grande superstizione politica del passato era il diritto divino dei re. La grande superstizione politica del presente è il diritto divino dei parlamenti».
Herbert Spencer fu un nemico implacabile di ogni “superstizione politica”. L’uomo contro lo Stato (1884), forse il più noto dei suoi saggi politici, è un testo di battaglia, che si situa al di fuori della “Filosofia sintetica” sulla quale Spencer lavorò per tutta la vita. In quell’ambito, egli aveva sviluppato una vasta teoria evoluzionistica. Da un lato ci sono “società militari”, caratterizzate da un basso grado di divisione del lavoro e fortemente gerarchiche, e dall’altro “società industriali”, che hanno un grado elevato di divisione del lavoro e riconoscono crescenti spazi di libertà agli individui. Il principio cardine delle società più evolute è la “legge dell’eguale libertà”, per cui ciascuno ha diritto al massimo di libertà compatibile con la libertà altrui. L’uomo contro lo Stato muove un attacco radicale a tutte quelle dottrine che cercano di limitare la libertà individuale in nome di altri obiettivi sociali.
Questo libro comprende anche l’opera prima di Spencer, Il giusto ruolo del governo (1843), che contiene in nuce molte delle sue idee successive.