Il circo mediatico-giudiziario affronta un tema cruciale per una società che pretende di dirsi civile: il delicato rapporto tra Giustizia e Comunicazione, la pericolosa contiguità tra magistrati e giornalisti che innesca aberranti meccanismi alimentati da interessi di bottega (valga per tutti il delirio protagonistico di certi magistrati-sceriffi, magistrati-pedagoghi e di giornalisti-giudici, che tanto nuoce all’immagine della giustizia e a un suo corretto funzionamento).
«Credo di essere la persona giusta. Nessuno avrebbe potuto scrivere questa Introduzione con più diritto di me. Infatti mi accadde, sette anni or sono, di indossare una toga e di fare una dozzina di processi televisivi. Ma io scherzavo. Anzi, credevo di scherzare e ora non mi resta che chiedere perdono. Perché sapete tutti com’è andata a finire: le TV e i giornali la toga l’hanno indossata sul serio. Hanno preso lo scherzo in parola, esercizio tra i più crudeli, e hanno rovinato le nostre libertà … Ma quando un giornalista si traveste da giudice, e un giudice da giornalista, allora la base delle nostre libertà è non già incrinata o messa in mora ma letteralmente distrutta.»
(Dall’Introduzione di Giuliano Ferrara)