È nato a Parma. È stato direttore, responsabile di pagine culturali e critico letterario di quotidiani e periodici. Nel 1950, diciassettenne, con un racconto intitolato Il fiume, si classificò terzo al concorso letterario di «Milano-Sera» vinto da Malaparte con La pelle. Raccomandato da Togliatti, Baroni venne assunto come redattore capo all’«Eco del lavoro», settimanale della Federazione comunista di Parma. Successivamente fu chiamato alla «Gazzetta di Parma», come redattore culturale, e quindi succedette a Oreste Del Buono come critico letterrario del settimanale «Candido», (pseudonimo Dedalus) mantenendo tale carica sino alla chiusura del giornale.
L’ultimo suo lavoro è un saggio sul Manifesto del Partito Comunista, poi tradotto in Francia dal filosofo anarchico Michel Onfray, con prefazione di Jacques Attali.
Recensendo un suo precedente libro, Guido Piovene scrisse su «La Stampa»: «Di Antonio Baroni si potrebbe dire quello che Bakunin scrisse di Marx: Pochi hanno letto tanto e con tanta intelligenza.»
Per Liberilibri ha pubblicato nella collana «Oche del Campidoglio» Il caso K (2014).