(Nižnij Novgorod 1868-Mosca 1936) Aleksej M. Peškov, figlio di un modesto tappezziere, resta orfano a sette anni e vive la giovinezza fra gli strati più bassi della società, esercitando umili mestieri: anche queste circostanze influirono sulla scelta dello pseudonimo gor’kij (amaro). Nel 1898 pubblica alcuni racconti che ne fanno lo scrittore più famoso del suo Paese. A soli trentaquattro anni viene eletto membro onorario dell’Accademia Imperiale delle Scienze.
Nel 1905 finisce in carcere per aver partecipato a una protesta durante la prima rivoluzione, ma le pressioni di intellettuali da tutto il mondo inducono le autorità zariste a rimetterlo in libertà. La sua reputazione di scrittore in quegli anni è altissima, tanto da essere considerato al livello di Tolstoj e al di sopra di Cechov. Dopo il viaggio del 1906 in America, Gor’kij soggiorna a Capri, dove organizza una scuola di propaganda rivoluzionaria. Tornato in Russia, nel 1917 si schiera con i bolscevichi, mirando però a mantenere un ruolo di arbitro super partes. Nel 1921 è ancora in Italia e risiede a Sorrento. Nel 1928 si stabilisce in Russia, dove muore nel 1936, presumibilmente ucciso per ordine di Stalin, e non, come tanti ipotizzano, da un complotto trockista.
Di Maksim Gor’kij, Liberilibri ha pubblicato La città del Diavolo Giallo.