femm.

Diciotto racconti brevi, diciotto ritratti di donne riassumono il mondo femminile in ogni epoca e latitudine

Pagine 184

ISBN 978-88-98094-58-5

Prima edizione 2019

Il prezzo originale era: 16,00 €.Il prezzo attuale è: 15,20 €.

Collana
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Diciotto racconti brevi. Diciotto ritratti di donne amareggiate, tormen­tate, perfide. Madri, sorelle, mogli, amanti sono i cardini attorno ai quali ruota la narrazione. Di fronte all’ambiguità della natura umana resta nel lettore un senso di smarrimento che lo costringe a cercare tra le parole lette una rassicurazione morale, o almeno una qualche certezza. È questo senso di sospensione, che incombe dalla prima all’ultima pagina, ad accomunare storie ambientate in paesi e atmosfere diversi.

Oltre il ruolo. Femm. e il racconto al femminile, di Camilla Longo Giordani, «Limina, 6 marzo 2020.

femm. Minimale, puntato e mozzato. È il titolo dell’ultimo libro di Paola Rivolta, che si riduce all’etimo e alla radice di essenzialità e universalità. Una semi-parola contenitore, come lo è il libro, pubblicato da Liberilibri (2019), che raccoglie diciotto racconti brevi, diciotto ritratti al femminile.
Paola Rivolta, che aveva già esordito nel 2018 con il romanzo Scarfotti. Dalla Fiat a Rossfeld (Liberilibri), supera nella sua raccolta le epoche e gli spazi, e allinea lungo un impossibile piano di contemporaneità narrativa precisi momenti di vita.

Già dall’indice il lettore si sente un intruso e un voyeur – sperimentando forse lo stesso voyeurismo che si percepisce nell’approcciarsi ad un qualsiasi racconto di Il Paradiso, Un’altra vita e Boh/em> di Alberto Moravia – , scaraventato, senza alcun convenevole introduttivo, in una vicenda privata. Davanti a sé e alle sue spalle c’era solo la strada; Vide un uomo legarsi i capelli dietro alla nuca con un laccio di cuoio; Ciò che conta è che abbia gambe forti, recitano alcuni titoli dei racconti, con un rigurgito di materia narrativa che non si può limitare nella definitezza di un nome e che sbarra subito al lettore l’entrata dall’ingresso principale.
Paola Rivolta dimostra coraggio, perché dopo averci scaraventato nel ciclone narrativo, ci ripesca sul margine di poche pagine, privandoci dell’appagante chiusura del sipario. femm. è un circuito chiuso composto da storie aperte, sospese nell’inizio e nella fine: l’incompiutezza fa da soluzione.

Come ricomporre e accerchiare femm. per echi e similarità? Forse tentando per analessi di analisi, perché prima della riflessione e della lucidità si sente odore di terra. Sono racconti di terra, anche quando sono ambientati lungo l’ampia e trafficata Michigan Avenue. La terra è prima di tutto familiarità e tradizione. Tradizione non tanto nella sua accezione conservativa ma nel suo richiamo alla radicalità collocata prima del fu. Sarà forse anche perché il libro inizia con un viaggio rettilineo attraverso la ricorsività, familiare e rassicurante, della campagna emiliana e termina con l’ostinazione delle rose al gelo bianco della Francia: «Anche d’inverno le rose si ostinano a fiorire. Anche sotto la neve».
Familiarità, si diceva, che sopravvive ai divari geografici e storici dei diciotto racconti. Sono storie familiari nella duplice natura del termine. Sanno di già visto, di già conosciuto – forse proprio in virtù della loro componente terrena – e sono anche storie di famiglie, seppur di diversa composizione. femm. dal titolo e dall’intento si presenta come una raccolta al femminile, ed è innegabile che i personaggi femminili siano al centro, anche quando assenti, ma sempre incastonati in radici familiari, alle prese con la propria individualità rapportata alla gestione dei legami. Quale equilibrio più difficile  da trovare nel rapporto tra sé e l’altro? Sembra questo il punto focale, il perno insolubile intorno al quale girano, vorticano le diciotto donne di Paola Rivolta.

Gli ingredienti fissi: sospensione, smarrimento e familiarità; quest’ultima confermata dal suo contrario, la spinta al sovvertimento dell’ordine e della linearità, che porta al largo – ecco di nuovo lo smarrimento –  ma la cui privazione diventa ben presto mancanza e ricerca, verso il rifugio del primordio. Come Laura in Davanti a sé e alle sue spalle c’era solo la strada che ritorna alle proprie radici, «punti fermi nella propria identità», o la donna del racconto A parte i suoi indisciplinati capelli rossi, sollevati dal vento che disorientata dopo un aborto ha il forte bisogno e desiderio di fare «una passeggiata con i piedi nell’acqua».
Aver citato il racconto A parte i suoi indisciplinati capelli rossi, sollevati dal vento porta a galla un altro aspetto centrale e controverso di femm.: la maternità. Affianco alla storia di una donna che ha deciso di abortire perché lei non vuole un figlio ma sono «loro che lo vogliono», c’è la madre che vive Con la speranza che l’abusare del proprio corpo convincesse la natura, il cui ruolo di madre e di moglie diventa ogni giorno più insostenibile e impraticabile. Allora la donna diventa «un contenitore utile alla specie», «non più un individuo, ma una proprietà collettiva», la quale non trova un’alternativa ad essere altrimenti e vede il suo ruolo di madre come l’unico destino, condanna, a cui rassegnarsi.

Quelle di femm. sono donne che tentano di scavalcare il ruolo che è stato loro imposto, alcune con successo come Lucia Rinaudi che uccide in un ozioso pomeriggio al bar il marito violento, o la protagonista di I gatti li vedevo di tanto in tanto dotata di un’immaginazione salvifica, sua unica fuga dall’infelicità quotidiana ma che la rende insopportabile al marito. In una galleria dai volti sfumati, meno convincenti sono i ritratti femminili cui Paola Rivolta affida stereotipi di partenza dai tratti anacronistici, che portano con sé il rischio dell’inciampo: come nel rimarcare l’eccezionalità di ciò che ormai dovrebbe passare come normalità (seppur ancora di norma non si può dire). Così la manager Claire, che lavora in un ambiente in cui «le donne ai convegni erano, per lo più, le mogli di qualcuno» e nella sua emancipazione si scopre poi essere l’amante del presidente Hunt; o l’avvocato, la quale «aveva speso i suoi trentasei anni a cercare di essere rispettata come un uomo» e inizia una storia di sesso extraconiugale nei bagni del Tribunale con un uomo ruvido e oscuro; per terminare in compagnia della donna killer «vestita con un abito blu, stivali color cuoio e un trench corto che le copriva giusto i fianchi».
Allora la lettura di femm ci interroga su come si possa oggi articolare un dialogo in un territorio delicato e sovraccarico, come lo è il racconto al femminile. E nasce il dubbio circa l’auspicabilità di tornare su determinate asfissie di genere, superate o meno, e l’efficacia di un intento, ammesso che ci sia, che si auto-nega, inquinando la libertà di alcuni racconti.

 

Vite femminili raccontate senza certezze, di Giancristiano Desiderio, «Corriere della Sera», 2 gennaio 2020, pag. 35.

Da qualche parte bisognerà pur iniziare e, allora, prendiamo le mosse da una confessione intima. «Il tempo di affacciarmi sulla porta della camera di mia figlia. Giocava tranquilla. Era un piccolo angelo biondo. Allora perché non la amavo?».

Chiara è una giovane madre che ha una vita agiata e un marito che la ama, ma che lei non riesce più ad accogliere nel suo letto. Ne parla con la madre che, più esperta e rassegnata, le dice di non darsi pena: tuo marito «troverà una soluzione – questo mi aveva detto». Ciò che, invece, non si troverà affatto sarà la soluzione alla «vita agra» di Chiara, che finirà per crollare sotto il peso della sua angoscia che non le lascia amare la figlia e il marito.

Chiara è una delle donne che Paola Rivolta ha messo in fila, una dopo l’altra, come protagoniste in questi diciotto racconti brevi che si lasciano leggere e accarezzare sin dal titolo evocativo: femm. (Liberilibri, pagine 184, €16). Diciotto racconti per diciotto ritratti di donna: offesa, perfida, fanciullesca, inquieta ma, forse, sempre la stessa donna, la stessa femmina.

Le figure ritratte si susseguono e sono mogli, madri, amanti, bambine, sorelle, signore, cameriere che hanno, però, un ca­ rattere comune: prendono il lettore nelle loro storie, ora crude ora sentimentali, per poi lasciarlo sospeso, senza una risposta sul destino dell’ennesima vita distrutta o deviata: perché? Come nel caso del racconto Una nuova borsa da lavoro di pelle bordeaux, dove l’avvocato Francesca Crotti, che da sempre desiderava e riesce ad essere «avvocato», non è capace però di sbrigare le «contraddizioni di genere che in lei albergavano in modo esasperato». Così in un sol colpo, intrecciando la relazione passionale con il poliziotto Riccardo Sauri, distrugge tre vite: la sua, quella del marito e quella dello stesso Sauri che, abbandonato, si spara.

Ritorna la domanda onnipresente: perché? Invano si cercherà risposta negli eleganti racconti di Paola Rivolta, che non vuol elargire certezze morali – non è certamente il suo compito – ma solo squadernare davanti al lettore il mondo e il mondo femminile in particolare così per come sono o per come le appaiono. Ma a noi, anche a noi lettori, il mondo non si manifesta ogni giorno proprio così, nudo e crudo?

I racconti della milanese Paola Rivolta, che ha esordito lo scorso anno con il romanzo Scarfiotti. Dalla Fiat a Rossfeld (anch’esso pubblicato dall’editrice Liberilibri di Macerata) dedicato alla figura di un leggendario corridore automobilistico), sono ambientati ora nella campagna emiliana, ora nel cuore di Chicago, ora a Napoli, ora in Inghilterra e hanno, insomma, una loro «universalità» che vuol parlare a tutti.

Tuttavia, pur muovendo i suoi personaggi, femminili e maschili e soprattutto inquieti anche nella loro normalità, sulla scena ampia del mondo, c’è nelle pagine di questa autrice una vita di provincia che sembra uscita dalla prosa straordinaria di Piero Chiara. In fondo, è nel particolare, nei dettagli che si nasconde non solo il diavolo, ma anche il suo antagonista, Dio, e la sua narrativa aiuta a scoprire con naturalezza una umanità sofferente e complessa senza mai giudicare e puntare il dito, lasciando così al lettore alla fine di ogni racconto il gusto di rispecchiarsi come in un ondulato specchio d’acqua.

 

femm. di Paola Rivolta, di Catiuscia Ceccarelli, «L’Angolo di Key», 30 dicembre 2019.

Che Liberilibri fosse una casa editrice di grande qualità, ne ero a conoscenza.
Ma devo dire che aver incontrato da vicino questa realtà editoriale marchigiana (qui) e aver maneggiato con cura i suoi libri, è stato davvero bello e gratificante.

Il loro catalogo è davvero ricco di proposte, meritevole, come i libri che presenta, di essere inserito nella nostra libreria di casa perché è realizzato con la stessa cura grafica ed estetica con cui la casa editrice di Macerata propone i suoi scritti.

Ma in questo post mi soffermo in particolare su un libro che – sin da subito – mi ha conquistata: femm. di Paola Rivolta.

I colori a tinta unita delle copertine sono un marchio di fabbrica ormai imprescindibile per Liberilibri. Per femm. hanno scelto il rosso bordeax.

18 racconti brevi e intesi con al centro storie di donne, figlie, amanti, madri. Le più diverse sfumature dell’animo femminile sono raccontate in questo prezioso volume.

Uso un aggettivo banale ma alquanto vero: Bello.
femm. è un libro bello. Paola Rivolta scrive davvero molto bene.
Trovo che la soluzione dei racconti brevi sia molto efficace e comoda, almeno per il lettore. Non certo per uno scrittore. “Il romanzo vince sempre ai punti, mentre un racconto deve vincere per knock out”.  Credo però che in una società come la nostra, italiana e marchigiana in cui si legge troppo poco, avere la possibilità di scegliere il racconto breve da’ un senso di libertà.

In una sola raccolta possiamo entrare in contatto con più realtà diverse, arricchenti. Inoltre, a meno che uno non sia davvero molto bravo come autore, avere un tomo che non stimoli la lettura di un pomeriggio di pioggia e della sera prima di andare a dormire, non incoraggia l’impegno con un libro.

Anche per scrivere racconti brevi, però, bisogna essere bravi. Paola Rivolta lo è. Eccome se è brava.
In ogni racconto, uno diverso dall’altro, l’autrice riesce a catapultare il lettore nella storia narrata, che sia nostalgica, cruda o triste. Coinvolge tutti i sensi, stimola l’immaginazione del lettore come se fosse davvero dentro la storia assieme alla protagonista.
Prima di rispondere ad alcune delle mie domande, l’autrice si sofferma su un aggettivo da me utilizzato nell’introdurre il suo libro: comodo. Ne nasce una vera e propria lezione di scrittura creativa da conservare per gli amanti della lettura, e non solo.
“Comodo? Non ho mai pensato ai racconti brevi come a qualcosa di comodo” – afferma Rivolta. “Sicuramente, come dice lei, i tempi della lettura oggi si sono ristretti. I potenziali lettori sono distratti da miriadi di narrazioni visive e sono diminuiti, mentre il numero di libri pubblicati è incoerentemente aumentato. (Non si fa più selezione e questa ritengo sia una delle principali cause della minor attrattiva della narrativa, ma selezionare costa tempo e denaro, e richiede competenza).
Il racconto breve, comodo. Eppure la tipologia di libro che va per la maggiore, oggi, è il romanzo lungo, possibilmente in serie, infinite saghe che rassicurino il lettore, che plachino il senso di solitudine affiancandogli protagonisti “eterni” a cui si possano affezionare, che possano regalare l’illusione di una continuità, di un senso che va oltre la vita del singolo; oppure romanzi didascalici dove nulla rimanga sospeso, che non obblighino a porsi delle domande, che non costringano il lettore a confrontarsi con dei vuoti, che non lo costringano a divenire parte attiva nella narrazione. A molti lettori forse piace farsela raccontare, gli è più consono essere consumatori piuttosto che responsabili di scelte e utilizzatori di potenzialità. Eppure i lettori possono ancora sorprendere. Basta dar loro l’opportunità di sentirsi parte attiva nell’arte del leggere. Comodo… insisto su questo termine perché mi ha sorpreso e fatto riflettere. Raymond Carver, inarrivabile autore minimalista, a chi gli chiedeva perché scrivesse racconti brevi – e non si cimentasse in un romanzo viste le sue capacità – rispondeva che avendo figli piccoli e due lavori, altro non avrebbe avuto il tempo di fare. Chi ha letto Carver sa benissimo che quella era solo una battuta. Da autrice posso dire che comunicare in maniera concisa atmosfere, stati d’animo e azione è estremamente complesso, tecnico, e richiede moltissimo tempo e attenzione. Infinite revisioni, una cura dei dettagli e della scelta delle parole cristalline. Vi è un ulteriore aspetto, nel racconto breve moderno, che potrebbe apparire ad alcuni non “comodo”: non c’è racconto che, ben scritto, non lasci una qualche inquietudine nel lettore per il suo sviluppo non sempre lineare, per i finali talvolta “aperti”, per la mancanza di giudizio morale. Il racconto breve moderno sovverte gli stereotipi, le apparenze, dà una visione parziale della realtà pur aprendo orizzonti

inaspettati.”

Veniamo alle mie curiosità: le 18 storie in femm. sono al femminile. 18 donne, che possiamo essere noi, in cui possiamo ritrovare pezzi della nostra vita. Da dove nasce l’esigenza o la scelta di scrivere solo al femminile?
“La scelta di pubblicare racconti che fossero incentrati su figure femminili, è stata una scelta di coerenza, non una scelta ideologica anche se, da femminista, mi fa piacere aver dato voce a delle donne. Perché femm., questo titolo minuscolo e abbreviato? Perché, nonostante le protagoniste – in realtà non tutte femmine, talvolta uomini la cui vita però ruota attorno a un perno femminile – vivano vite differenti per luogo, epoca e condizione, e talvolta abbiano fatto scelte al di fuori dei cliché, sono rappresentate tutte nella loro ordinaria aspettativa affettiva. E il titolo è abbreviato perché il racconto riproduce quasi sempre un’istantanea della vita, ne sottolinea comunque la contingenza.”

Ha una grande capacità nello scrivere i suoi racconti, quello di usare un linguaggio alto ma non inarrivabile, rassicurante anche nelle emozioni più forti.
Un linguaggio alto ma non inarrivabile, lei dice e la ringrazio. “Un uso della lingua alto ma contemporaneo” è stato uno dei più graditi complimenti ricevuti da un recensore del mio primo libro: Scarfiotti. Dalla Fiat a Rossfeld, edito sempre da LIberilibri, un romanzo storico biografico nel quale il linguaggio doveva essere funzionale a una narrazione complessa di vicende industriali, finanziarie, sociali e nello stesso tempo coinvolgere emotivamente il lettore. Un esercizio linguistico riuscito, per mia fortuna, visto il numero di lettori soddisfatti da quel libro. Sono felice che lei confermi quella impressione. La banalizzazione della lingua italiana ritengo sia uno dei disvalori della nostra epoca.”

Legge molto?
“Da dove viene questa mia scrittura? Sicuramente dall’aver letto molto e dai tanti anni nei quali ho scritto per lavoro, curando pubblicazioni e realizzando articoli per varie testate, ma anche dall’aver vissuto intensamente, aver frequentato ambienti differenti, affrontato le tempeste della vita cercando sempre una voce interiore che mi desse la forza di superarle.”

Conosciamo meglio lei, Paola. Lei è milanese di nascita ma ormai marchigiana d’adozione. Cosa fa bella vita?
“Lei mi chiede chi sono e cosa io faccia: sono quella che lei ritrova tra le righe delle mie storie. Non ci potrebbe essere biografia più credibile di quella, nonostante l’unico racconto autobiografico sia il primo della raccolta o, se vuole, in alternativa, va bene anche la nota biografica realizzata dal mio editore: nata a Milano, risiede nelle Marche. È così minimalista che mi si addice!”

 

femm. di Paola Rivolta, di Silvia Rivolta, «ilsegnalibro.myblog.it», 13 ottobre 2019.

Il libro che voglio presentarvi oggi s’ intitola femm. ed è stato scritto da Paola Rivolta.

Diciotto racconti che narrano di diciotto donne diverse tra loro. Diciotto nomi. Diciotto luoghi e culture così diverse nelle quali vengono ambientate le storie: si passa dalla provincia italiana con i suoi odori e sapori tipici, alla metropoli americana, alla città russa e a luoghi che potrebbero essere ovunque. Un senso di discontinuità che ti obbliga a cercare tra le pagine qualcosa che tenga unite le storie. Al termine della lettura, quel senso di frammentazione mi ha spinto a pensare a tutti quei racconti come ad un’unica storia. Che narra la complessità dell’essere femmina.

Se la parola femmina rimanda etimologicamente a colei che allatta e che genera, mi sono chiesta se la scelta del titolo Femm. non abbia a che vedere con una femminilità problematica, non del tutto risolta (femm. e non ancora femmina) come le donne protagoniste dei racconti: donne alla ricerca delle proprie radici, un po’ perse, donne a cui viene negato l’amore, donne che tradiscono e che vengono tradite, donne che uccidono, donne amareggiate, tormentate, perfide. Sono madri, amanti, sorelle. Femmine che si allontanano da quell’idea di femminilità culturalmente richiesta, e che tentano di dare voce alla complessità dell’essere femmina, con le sue ambivalenze, talvolta la sua tragicità : significativo a questo proposito il racconto  Con la speranza che l’abusare del proprio corpo convincesse la natura. La protagonista ha una figlia che non riesce ad amare. E si tormenta alla ricerca di una qualche emozione, del desiderio di abbracciarla come pensavo avrebbe dovuto essere normale. L’unica cosa che invece provavo era un peso sul cuore, un’angoscia che riuscivo a gestire solo quando ero lontana da lei. E in quella maternità manchevole e differente si ritrova compresa dalla propria madre. E una domanda: Cos’era il suo? Un invito a rassegnarmi al destino di essere madre?

Nella seconda di copertina trovo scritto questo: di fronte all’ambiguità della natura umana resta nel lettore un senso di smarrimento che lo costringe a cercare tra le parole lette una rassicurazione morale, o almeno una qualche certezza. Io non lo so, non credo di essere d’accordo: forse invece leggere di queste ambivalenze, ambiguità, tragicità a volte anche un po’ caricaturali (vedi la donna killer) ti permette di alleggerirti da quell’ideale sociale e culturale richiesto alle femmine e che fa sentire sempre in colpa e inadeguate. Forse è proprio nella possibilità di avere accesso a tutte queste sfumature che da femm. ci si potrà avvicinare all’essere femmine.

Il segnalibro rappresenta un tulipano giallo……un tempo questo fiore rappresentava l’amore irrimediabilmente infelice, un amore senza speranza, ma del corso degli anni, il significato si è evoluto verso un pensiero di allegria. Anche in questo fiore una pluralità di significati.

Alla prossima.

 

«La battaglia tra i generi è sbagliata. Il movimento me too non ha aiutato», intervista di Maurizio Caverzan, «La Verità», 22 settembre 2019, p. 19.

S’intitola femm., scritto senza maiuscole e con il punto abbreviativo, il nuovo libro di Paola Rivolta che si presenta come una grande alternativa. Questa: la possibilità di parlare di donne senza appiattirsi sull’ideologia, senza doversi necessariamente schierare con gli uomini che odiano le donne o viceversa. Un libro rarefatto e profondo, con una copertina minimal, controcorrente anche nella scelta narrativa,18 racconti brevi che han­no per protagoniste figure femminili del presente e del passato, donne controverse, malinconiche, prevalentemente sole, tutte figure di fantasia con la sola eccezione di quella del primo ritratto, autobiografico. Paola Rivolta, dunque: nata a Milano 62 anni fa, già autrice di Scarfiotti. Dalla Fiat a Rossfeld (Liberilibri come femm.), madre di due figlie, residente a Potenza Picena.

Come mai è finita sulle colline marchigiane?

«È stata una scelta di vita e d’amore. Qui avevamo una casa di famiglia dove venivo d’estate fin da ragazza. Poi mi sono innamorata di un uomo di queste parti. Non mi sono mai sentita una vera cittadina, anche se ho vissuto pienamente gli anni Settanta milanesi, facendo politica da cane sciolto».

Cioe?

«Alle superiori davo fastidio sia a sinistra che a destra. Ero tendenzialmente anarchica e recalcitrante alle regole. Stavo ormai finendo il liceo, quando qualcuno mi disse che certi studenti di prima e seconda venivano a scuola con la curiosità di vedere cosa m’inventavo fuori dalle lezioni».

Dopo i Settanta?

«Siccome sembravo portata per le materie letterarie e artistiche mi sono laureata in agraria, facendo la pendolare dalle Marche. Niente di più lontano dallo scrivere di oggi. Poi ho avuto la fortuna di trovare lavoro in un grande allevamento di cavalli da corsa, qui, nella valle dell’Asola. Pensavo che avrei fatto l’agronomo, invece il primo giorno, prima di partire per i campionati europei, il capitano Ermanno Mori mi mostrò un grande casolare: “Voglio creare un grande museo del cavallo, ci pensi. Quando torno, tra una settimana, ne parliamo”. C’erano libri, fotografie, stampe, dipinti».

Era cominciato l’avvicinamento alla scrittura?

«In un certo senso sì, una scrittura applicata al mondo dell’ippica nel quale m’immersi. Era una scuderia all’avanguardia, ci venivano allevatori dal Nord Europa. C’erano decine di puledri, le competizioni, io aiutavo i cavalli e i padroni problematici… Sa, spesso sono i padroni che complicano la vita agli animali. Sono stati anni splendidi, ma dopo la morte del titolare, tutto si è ridimensionato».

Tornare a Milano?

«Mai pensato, la mia casa si affaccia sulla campagna, ho il mare vicino, amo questi odori. E ora ho più tempo per scrivere».

femm. per cosa sta esattamente? Femmine, femminile, femminista?

«Sta per femmine e io sono una femminista, ma il libro non è portatore di messaggi. Non credo che la letteratura – forse sarebbe meglio dire narrativa o scrittura – serva a diffondere messaggi. È un libro femminista perché dà voce alle donne, ma non lo è nel senso politico del termine».

Non crede che proprio la possibilità di parlare di donne in modo non ideologico sia il pregio maggiore del libro?

« È una scelta. L’ideologia non appartiene alla narrativa. I miei racconti lasciano molto di non detto. Al centro ci sono individui, persone, quasi a prescindere dal fatto che siano donne. Il libro precedente era molto maschile, questo ha per protagoniste figure femminili, ma credo possa interessare molto anche gli uomini. Personalmente, non credo alle differenze tra scrittura maschile e femminile».

Perché in queste donne ritorna un senso di malinconia e solitudine?

«La parola giusta credo sia incompiutezza. La mia esperienza è questa, non vedo tanti cavalieri senza macchia e senza paura, avvolti nella piena e costante felicità. Anche le persone di successo vivono alti e bassi».

Sono storie irregolari, anarchiche come lei da giovane?

«Sono donne normali, persone fragili, attraversate da dubbi e debolezze».

Anche donne che sbagliano, peccatrici: si può dire?

«Si può, non esistono termini vietati, ognuno è responsabile delle parole che usa. Personalmente, non do un giudizio morale. Quando l’editore ha letto i primi racconti e mi ha chiesto di scriverne altri mi ha detto che lo affascinavano proprio per la loro amoralità. Non voglio salire su un piedistallo, credo che la letteratura debba affiancare i suoi personaggi, non giudicarli. Peccatrici, perché c’è una donna killer? Fa il suo mestiere, con le sue titubanze».

Almeno quelle. Peccatrici, in alcuni casi, per mancanza di consapevolezza del potere che esercitano sugli uomini.

«Sicuramente non sono eroine».

Come descriverebbe la differenza tra femminilità e femminismo?

«La femminilità è qualcosa che attiene alle femmine, il femminismo il tentativo di affermare una visione del mondo ancora lontana dalla società in cui viviamo, nella quale le donne sono spesso penalizzate. È un progetto di cambiamento per il quale combattere. Il mio libro non combatte, ma racconta».

In società si può parlare facilmente di questi temi senza suonare il tasto delle donne vittime e infilarsi in una lista di rivendicazioni?

«Non sono una teorica e non ho scritto un saggio. Inoltre, il femminismo non è uno solo, ma sono tanti. Anche questo è un problema. Una buona parte di ingiustizie, mai denunciate prima, sono emerse in questi ultimi anni. Pensiamoci, in tanti Paesi la parità nel diritto di voto o allo studio è stata raggiunta da pochi decenni. Certo, tutti i movimenti di rottura comportano degli eccessi collaterali. Ma c’è ancora molto da fare, per esempio nell’uguaglianza a livello retributivo o nello sport professionistico. E poi nella quotidianità…».

Nella quotidianità?

«Ho due figlie femmine, me ne accorgo quando esco con loro. Davanti allo specchio siamo lì a chiederci se la gonna sia troppo corta o la camicia troppo scollata. Se andiamo al cinema, dove parcheggiare può essere un problema perché all’uscita sarà buio e dovremo fare un pezzo di strada da sole. Banalmente, la quotidianità è fatta di palpatine, di sguardi molesti. Tutto questo rende le donne guerrigliere».

Se si monitorano gli sguardi maschili più o meno lubrici forse si dovrebbe sorvegliare anche l’impatto seduttivo femminile. Ci sono uomini volgari o insinuanti, ma non vede anche lei un sesso maschile intimidito e che sta perdendo il suo grado di virilità?

«Lo vedo, la perdita di virilità è una fuga. Penso che si possa essere virili sapendo rispettare la femminilità delle donne. Quasi tutti i miei amici sono uomini. Io stessa ho una forte componente razionale. Credo che dobbiamo superare gli stereotipi. Per fortuna su Facebook, l’unico social che frequento, comincio a vedere maggiore complicità da parte di uomini che rifiutano la logica della lotta tra generi».

II movimento #Metoo ha favorito questa consapevolezza o ha esasperato lo scontro tra i sessi?

«Credo abbia favorito una presa di coscienza perché ha aiutato le donne a parlare di ciò che subiscono. II 95% delle denunce finiscono in condanne. Ci si pensa tante volte prima di denunciare una molestia sessuale perché farlo non è la soluzione del problema, ma l’inizio di un percorso faticosissimo. Se si hanno dei figli… Si può essere costretti a cambiare città…».

È un movimento partito da Hollywood, dove questi problemi non ci sono.

«Se non fosse partito da lì non avrebbe avuto la cassa di risonanza che ha avuto e nessuno si sarebbe mosso. Quelle denunce sono servite anche a chi subisce molestie dal datore di lavoro, in ufficio o al supermercato. Banalmente, prima, quando una ragazza lo raccontava in casa alla fine la risposta era: un altro lavoro dove lo trovi?».

Invece adesso?

«C’è un po’ più di controllo perché la denuncia incombe».

Parlando di complicità fra i sessi, sicuramente il movimento #Metoo non l’ha favorita.

«Probabilmente no. Ma dobbiamo chiederci su cosa la creiamo. Non certo sulle vecchie regole e sui vecchi comportamenti. Un certo modo di ragionare è così pervasivo che ha contagiato anche le donne. A volte mi accorgo io stessa di usare formule maschiliste. Ci sono degli eccessi? D’accordo. L’importante è che qualcosa cambi. Poi le esasperazioni si correggono».

Cosa pensa della polemica che ha coinvolto Luca Argentero perché ha detto che vuole continuare a sentirsi il maschio della coppia e non gli va di avere davanti una donna che si offende se le apre la portiera o le versa l’acqua a tavola? Gli uomini sono inibiti dall’essere galanti?

«Sono gli eccessi di cui parlavo prima. Sono l’acqua sporca che sta insieme al bambino. Anche negli anni Settanta è stato cosi. II romanticismo va difeso, ma io credo che una donna più libera, meno sottomessa, si possa tramutare in una maggiore libertà per l’uomo. Bisogna uscire dalle logiche di potere anche tra i sessi».

Il politicamente corretto, il femminismo esasperato, il potere crescente delle minoranze Lgbt per il quale oggi si arriva a sostenere che il sesso è una scelta e non una dotazione rischiano di eliminare il romanticismo e le differenze? Intervistato da Mattia Ferraresi sul Foglio Bret Easton Ellis, l’autore di American Psycho, ha parlato di «totalitarismo dei buoni».

«Questo rischio c’è. Sono quei famosi eccessi… Come il razzismo dei neri nei confronti dei bianchi: esiste. Oggi è tutto molto manipolato ed è difficile valutare le concatenazioni dei fenomeni sociali e di costume. L’unico criterio per provare a farlo che io conosco è mettere sempre al centro la persona».

 

Storie di donne fuori dal comune nell’era del femminismo feroce, di Alfonso Piscitelli, «La Verità», 11 settembre 2019, p. 15.

Questo libro, Femm., è una sorpresa letteraria che l’estate del 2019 ci ha riservato. Una raccolta di diciotto ritratti di donna, seconda prova d’autrice di Paola Rivolta, pubblicata da Liberilibri. Femm. non femen, verrebbe da dire facendo un facile gioco di parole. In un periodo in cui la femminilità, o meglio, il femminismo ideologizzato sembra aver preso il sopravvento in ogni raffigurazione concettuale o immaginativa del mondo delle donne, Paola Rivolta ci restituisce un caleidoscopio di donne autentiche, con tutta la varietà dei caratteri individuali e delle qualità morali, amorali, anche immorali.

L’effetto letterario è suggestivo, sia per l’intensa brevità dei racconti sia per l’atmosfera sempre diversa descritta con pennellate essenziali sia per l’originale idea di intitolare ogni racconto con una frase catturata dal racconto stesso: «A parte i suoi indisciplinati capelli rossi, sollevati dal vento» oppure «Persino la ghiaia gela in alcune mattine di inverno». Paola Rivolta sembra sapere come stuzzicare la curiosità del lettore. Le sue donne sono forti e alle prese con situazioni difficili, senza mai lasciarsi andare allo spirito del risentimento o alle recriminazioni ideologiche. «Quel nulla che rimaneva nell’aria dopo lo sparo» è il racconto da brividi di una «ragazza con la pistola», che dopo aver sparato con freddezza professionale «ogni volta restava colpita da quel nulla che rimaneva nell’aria dopo lo sparo, come se tutto venisse improvvisamente risucchiato in un vuoto pneumatico. Tempo e spazio scomparivano per un attimo. Chissà se quello era l’effetto della vita che svaniva?» Le altre donne evocate hanno abitudini più ordinarie, ma sono sempre alle prese con la serietà della vita. Una sottile nebbia di malinconia aleggia sulle 18 istantanee. Dopo averle passate in rassegna, il lettore è indotto a frugare nella propria memoria per capire se ha mai sfiorato nella propria esistenza l’incontro con qualcuna delle diciotto femmine descritte in breve (Femm., appunto) da Paola Rivolta.

 

femm., di Virginia Villa, «LeggIndipendente», 31 luglio 2019.

Se seguite LeggIndipendente saprete che da qualche mese ho iniziato una collaborazione molto interessante con una casa editrice che considero una delle migliori in Italia; LiberiLibri, una realtà editoriale nata a Macerata nel 1986.

Dire che LiberiLibri sia solo una casa editrice è riduttivo perché la sua missione va al di là del semplice pubblicare un’opera e arricchire il catalogo editoriale. LiberiLibri si è prefissato un obiettivo che, a distanza di anni dalla sua fondazione, sta continuando a seguire: essere divulgatore culturale di opere così particolari ed importanti da sembrare anacronistiche. Si perché, sebbene io operi in questo settore, devo ammette che anche l’editoria è stata colpita, ormai da tempo, dalla tendenza a concentrarsi sulla quantità a discapito della qualità.

LiberiLibri sembra invertire questa tendenza presentando al pubblico opere dall’indubbio valore, portatrici di storie che hanno l’obiettivo di arricchire il lettore stuzzicando la sua curiosità.

Ogni libro pubblicato è un invito alla riflessione su un determinato tema ed il libro del quale vi parlo oggi non è da meno: “femm.” di Paola Rivolta.

TRAMA

Diciotto racconti brevi. Diciotto ritratti di donne amareggiate, tormentate, perfide. Madri, sorelle, mogli, amanti sono i cardini attorno ai quali ruota la narrazione. Di fronte all’ambiguità della natura umana resta nel lettore un senso di smarrimento che lo costringe a cercare tra le parole lette una rassicurazione morale, o almeno una qualche certezza. È questo senso di sospensione, che incombe dalla prima all’ultima pagina, ad accomunare storie ambientate in paesi e atmosfere diversi.

UN NUOVO TEMA

Un’operazione del tutto inedita per la casa editrice Liberilibri, che uscendo dai temi più frequentati si rivolge con questo libro, in maniera mirata, a un pubblico principalmente femminile.

La volontà è quella di scommettere su un genere letterario poco presente in catalogo, con l’intento di aprire la strada a nuove sfide editoriali e l’auspicio di ampliare la platea dei propri lettori, mantenendo sempre al primo posto la qualità delle pubblicazioni.

A rendere le storie ancora più interessanti e coinvolgenti è la scelta di intitolare ogni capitolo, e quindi ognuno dei diciotto racconti, con una frase tratta dal racconto stesso; abbiamo, in questo senso, capitoli intitolati “Fu in quel momento che una folata di vento, malaugurata“, “Con la speranza che l’abusare del proprio corpo convincesse la natura“, o ancora “Quel nulla che rimaneva nell’aria dopo lo sparo“. Il lettore, leggendo questi titoli è incuriosito dalla storia e non riesce a staccare gli occhi dalla raccolta e finisce con il divorare un capitolo dopo l’altro giungendo al termine del libro estasiato!

L’AUTRICE

Paola Rivolta, milanese, diplomata allo Scientifico, laureata in Agraria, ha lavorato per una grande azienda agricola marchigiana che si occupava dell’allevamento di cavalli da corsa, con nel cuore il desiderio di fare l’agronoma, ma si è ritrovata tra pile di carte e foto con le quali avrebbe dovuto ideare un museo.

Ma è stato proprio in quel Museo, tra i mille incarichi, come curare pubblicazioni editoriali e scrivere articoli inerenti all’ippica, che Paola ha capito che senza la scrittura non riusciva ad andare avanti.

E sono stati i tanti racconti che aveva chiuso in un cassetto, finalmente liberati, che hanno portato a dare ascolto alla passione di sempre.

Una passione che adesso Paola Rivolta ha concretizzato nella raccolta di racconti “femm.” e nel romanzo “Scarfiotti. Dalla Fiat a Rossfeld“, entrambi editi da Liberlibri.

 

femm., di Gabriele Ottaviani «Convenzionali», 8 luglio 2019.

Phill camminava tra la folla…

Laura percorre la provinciale che si srotola in prossimità del suo paese d’infanzia come d’abitudine le capita quando ha bisogno di sentirsi parte di qualcosa, Norman incontra all’improvviso una donna che ha appena abortito e che ha bisogno d’aiuto, perché non è la prima volta, e lei di figli non ne vuole, li desiderano gli altri, un’altra invece vive nel ricordo d’un amore che le è stato impedito di provare perché Marino, bellissimo cugino alla lontana, di quattro anni più grande di lei, era destinato a farsi prete, mentre Francesca, dal canto suo, non può più stare col marito, che però ha una pistola… femm., di Paola Rivolta, per Liberilibri, è una pinacoteca d’intriganti racconti dallo sguardo originale e dallo stile carveriano che riproducono con intenso e denso vigore la commedia umana della cupa disperazione e dell’anelito verso la speranza: da non perdere. Splendida la copertina.