Il 10 gennaio 1702, sulla «London Gazette» viene offerta una ricompensa a chiunque consenta di catturare il “criminale” Daniel Defoe, colpevole di aver scritto una satira che a molti aveva dato non poco fastidio: The Shortest Way with the Dissenters. L’autore del libello viene scoperto, rinchiuso in prigione e condannato a comparire, tre volte e in tre luoghi diversi di Londra, alla gogna. Il pamphlet incriminato è dato alle fiamme dal boia e l’editore e il tipografo imprigionati. Mentre attende in carcere la sentenza, Defoe scrive A Hymn to the Pillory, che circola per tutta Londra: la condanna si trasforma in trionfo, la gogna viene ornata di fiori e scorrono fiumi di birra in onore del condannato.
Inno alla Gogna sviluppa un tema caro alle satire di Defoe: la condanna inflitta agli innocenti, l’impunità dei colpevoli, la barbarie del ludibrio della folla. La gogna come emblema non di giustizia ma del suo contrario. Ignominioso strumento di tortura che ha solo sete di vendetta e gode del dolore altrui. È, questa gogna di Defoe, solo una pallida anticipazione di quella odierna. Stampa e televisione, versioni aggiornate del vecchio arnese, hanno compiuto il gran salto di qualità, avendo licenza di celebrare il ludibrio ancor prima della condanna.