La Repubblica penale

Parola d’ordine criminalizzare. È in corso un processo di criminalizzazione della vita collettiva che si avvita su se stesso e diventa autofago.

traduzione di Serena Sinibaldi

prefazione di Angelo Panebianco

pagine XVI-110

isbn 88-85140-35-i

prima edizione 1998

 

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La follia demiurgica dei legislatori che tende a disciplinare sempre più minuziosamente ogni compor­ta­mento degli individui ha ri­dotto il cittadino al rango di ospite di una casa di correzione, in cui ogni infrazione, an­che colposa, delle regole si configura co­me crimine penalmente perseguibile.

Ciò ha determinato, fra l’altro, un accrescimento smi­surato del potere dei magistrati, oggi arbitri onnipo­ten­ti della vita dei cit­ta­dini, della politica, dell’economia. Tale processo di criminalizzazione della vita col­let­tiva va avvitandosi su se stesso, assumendo con­notati di autofagia: esso si avventa su quei medesimi organi del potere che lo han­no prodotto, e cioè sugli uomini di governo, sugli alti burocrati, sui grandi im­prenditori, tradizionalmente coperti da immunità di fatto. Il ricorso massiccio al carcere – vera e propria abie­zione contraria a ogni senso di uma­nità e antinomica alla rieducazione del condannato (con buona pace del­l’art.27 del­la nostra Costituzione!) – accresce que­sta so­mi­­glianza della vita associata a un bagno penale.