La sapienza segreta delle api

Una raccolta di scritti misterici, sinora inediti in Italia, dell'autrice di Mary Poppins.

A cura di Cesare Catà

Pagine 276

ISBN 978-88-98094-62-2

Prima edizione 2019

Il prezzo originale era: 18,00 €.Il prezzo attuale è: 17,10 €.

Collana
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Chi non ha subìto il fascino di Mary Poppins, la fata-bambinaia che arriva a Londra, volando con il suo ombrellino, a riportare ordine incantato nella scompigliata famiglia Banks? Ma prima di diventare la celeberrima eroina cinematografica nella versione Disney, Mary Poppins fu la pro­tagonista di alcuni romanzi nati dalla penna di una donna geniale, tormentata e ribelle di nome Pamela L. Travers.
In questo libro, vedono per la prima volta la luce in Italia alcuni degli scritti su mitologia e folklore che la Travers compose nel corso della sua lunga vita.
La sapienza segreta delle api è una sorta di guida magica, non soltanto per chi vorrà cono­scere il percorso che ha portato alla creazione di un personaggio così popolare, ma anche e so­prattutto per coloro che vogliono riscoprire i significati degli antichi miti che ancora vivono e rivivono nella nostra esistenza quotidiana.

“La sapienza segreta delle api” di Pamela L. Travers, Mary Poppins e la sapienza universale, di Luca Gallesi, «Barbadillo»,13 maggio 2020.

Chi ha sempre pensato che quelle di Mary Poppins fossero solo storie per bambini, sbaglia, ed è finalmente arrivato in libreria un volume che lo dimostra una volta per tutte: La sapienza segreta delle api, (liberilibri, pp 230 € 18) di Pamela L. Travers, pseudonimo scelto da Helen Lyndon Goff per firmare le avventure della governante della famiglia Banks. Scomparsa quasi centenaria a Londra nel 1996, la Goff era nata in Australia da una famiglia benestante di origini irlandesi, con un padre morto prematuramente e una madre rovinata economicamente da investimenti sbagliati.

La fuga del disertore

Bimba precoce, Helen a tre anni ha già imparato a leggere, e grazie ai libri di fiabe e leggende celtiche trovati in casa entra nel mondo dell’immaginazione, praticando quella che non è, come disse Tolkien, la fuga del disertore, bensì l’evasione del prigioniero. Appena finita l’adolescenza trova un lavoro come impiegata, ma non si accontenta, e, adottato lo pseudonimo che l’avrebbe resa famosa, dopo una breve carriera di attrice diventa prima una apprezzata pubblicista e poi una straordinaria scrittrice. Affascinante, intraprendente e coraggiosa, nel 1924 si imbarca alla volta dell’Irlanda per bussare alla porta di George Russell, più noto come AE, poeta, mistico e filosofo tra i principali esponenti del cosiddetto Rinascimento celtico, che la prende immediatamente sotto la sua ala protettiva. Ormai trasformata definitivamente in Pamela Travers, la giovane diventa la mascotte di un importante gruppo di intellettuali anglofoni: W.B.Yeats, T.S.Eliot, G.B.Shaw e soprattutto A.R.Orage, che ne incoraggia la carriera letteraria pubblicandola sul suo autorevole settimanale, “The New English Weekly”.

Le lezioni di Gurdjieff

Se nel cenacolo irlandese ravviva la sua passione infantile per il folklore celtico, attraverso Orage viene iniziata al mondo dell’esoterismo, e si appassiona alla spiritualità orientale, alle religioni esotiche e soprattutto all’insegnamento di un bizzarro mistagogo venuto dal Caucaso: monsieur G.I.Gurdjieff, i cui insegnamenti eserciteranno una fondamentale influenza su molti intellettuali occidentali tra le due guerre. Di tutti questi affascinanti argomenti –tranne, Gurdjieff, curiosamente assente – troviamo ampia testimonianza ne La sapienza segreta delle api, il cui sottotitolo originale, Riflessioni sul mito, sul simbolo e sulle storie, rende perfettamente l’idea del contenuto. Il volume è una raccolta di saggi, di cui il primo dà il titolo al libro, pubblicati tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta su vari giornali e riviste, dal quotidiano “New York Times” al trimestrale di studi sul sacro “Parabola”. Filo conduttore di tutti i contributi è l’idea, non originale ma non abbastanza ricordata, che le favole siano la versione moderna dei miti, e che ne svolgano egregiamente la funzione principale, ovvero quella di raccontare delle “verità nascoste in evidenza”. Il mito, sostiene la Travers, si riferisce a ciò che nella sua essenza è sacro, “un dono conferitoci in modo misterioso in ere immemorabili”.

Epica e miti

Citando, senza saperlo, autorevoli studiosi come Eliade e Dumezil, l’autrice di Mary Poppins smonta i luoghi comuni dell’Ottocento diffusi per esempio da un materialista vittoriano come J. Frazer, che equiparava i miti a passatempi o addirittura ad aberrazioni da selvaggi, ricordandoci che opere come Gilgamesh, i Veda, l’I-Ching non sono solo capolavori delle letteratura mondiale ma custodiscono, anche e soprattutto, una sapienza eterna e universale, oggi offuscata dal materialismo dilagante.
Ricco di spunti e privo di scrupoli politicamente corretti, il volume della Travers osa demolire i pregiudizi femministi –già derisi nella figura della suffragette di Mary Poppins – ricordando che la ricchezza immensa della femminilità non sta nel volersi irrealisticamente paragonare all’uomo, ma nel valorizzare la specificità dell’essere prima fanciulla, poi madre e infine nonna. Le fiabe dei Grimm, ad esempio, sono uno scrigno prezioso pieno di questi modelli: ci sono le bellissime Biancaneve e Rosaspina, le eroine dei Sette corvi, le streghe di Rapunzel e Hansel e Gretel, le matrigne cattive e la madri generose, e infine le Sacerdotesse della Grande Dea, che presiedono alla nascita del bimbo, per maledirlo o benedirlo. Tali e tanti sono i ruoli offerti dagli archetipi fiabeschi che, conclude saggiamente la Travers,

quando si prende coscienza di tali multiformi poteri, azioni come dirigere un’azienda a Manhattan o fare una rapina in banca sembrano davvero cose di poco conto, cose da uomini”.

 

La sapienza segreta delle api: gli scritti misterici dell’autrice di Mary Poppins di Giovanni Sessa, «Il Borghese», marzo 2020, pagg. 58-60.

Pamela L. Travers è nome de plume di Helen Lyndon Goff, universalmente nota quale autrice di romanzi fantastici, aventi per protagonista la governante Mary Poppins. Essa nacque in Australia da genitori irlandesi. Suo padre, Travers R. Goff, era dotato di acume intellettuale e, nonostante esercitasse la professione di bancario, mantenne per tutta la vita la passione per le belle lettere. Fragile ed emotivo, fu sostenuto dalla moglie Margaret Agnes Morehead, colta e come lui appassionata di storie mitiche, poesie, nonché sensibile alle bellezze naturali. Su Helen-Pamela agirono in profondità i racconti del padre, che avevano al centro la mitologia e la letteratura dell’Isola di Smeraldo.

Questo mondo valoriale si muove dietro le quinte dei suoi racconti di successo, a partire da quelli incentrati sulla figura di Mary Poppins. Di ciò si ha contezza dopo la lettura di una silloge di suoi scritti usciti su Parabola e diverse altre riviste, tra la metà degli anni Sessanta e gli Ottanta. Ci riferiamo a Pamela L. Travers, La sapienza segreta delle api, edito da Liberilibri per la cura di Cesare Catà, cui si deve un’ampia ed organica introduzione (per ordini: 0733/231989, ama@liberilibri.it, pp. 229, euro18,00). Il lettore incontrerà in queste pagine, nella consueta veste editoriale sobria ed elegante dell’editore, condensate in uno, sia la tensione spirituale, che gli interessi misterici ed esoterici che animarono l’autrice. In una parola la visione del mondo di una donna intensa ma complicata, dal carattere a volte ruvido ed indisponente, ma sempre intenta ad interrogarsi sulla realtà, della quale seppe cogliere la dimensione misteriosa, trascritta nei romanzi e in questa raccolta di saggi. Nelle sue pagine: «si assommano una vibrante erudizione in ambito mitologico-fiabesco; la lezione dei maestri del Crepuscolo celtico come Yeates e AE (George Russell), la filosofia zen, gli insegnamenti di Gurdjieff», oltre agli studi antropologici condotti presso i popoli Pellerossa delle praterie nord americane e l’astrologia esoterica (p. XV). Il primo insegnamento lo apprese in famiglia: miti e fiabe non vengono mai inventati, ma esistono da sempre e per sempre. Non fu tanto lei a creare Mary Poppins, ma quest’ultima a «visitarla». In questo senso è possibile sostenere che: «Pamela L. Travers esiste in relazione a Mary Poppins» (p. XVII). Riferimento essenziale in tema di fiaba, furono, per la sua formazione, i fratelli Grimm, le cui narrazioni non escludevano il tragico, la dimensione terrifica e angosciante della vita, come accaddeva invece nelle edulcorate rielaborazioni di Andersen.

Mary Poppins giunge alla famiglia Banks nel momento in cui in essa si sta per realizzare un incubo, la disgregazione del nucleo familiare. Ecco allora la governante-fata ristabilire l’ordo. La situazione in cui si trovano i piccoli affidati a Mary, è la medesima vissuta da Pamela nella sua infanzia quando il padre, per problemi con l’alcool, lasciò anzitempo questo mondo. Con la famiglia, a seguito del triste accadimento, si trasferì nel Nuovo Galles del Sud, nei pressi di Bowral. E’ qui che, durante le scorribande nella campagna sconfinata, imparò ad ascoltare le voci provenienti dalla natura, a leggerla come simbolo, espressione, di una realtà più profonda, indicibile, affabulante e terrifica al medesimo tempo. Imparò, in una radura arborea semicircolare, ad ascoltare il linguaggio segreto delle api, insetti venerati in molte tradizioni e racconti mitici. Da allora, comprese di dover svolgere un ruolo ben preciso, quello di estipex: «sacerdotessa sacra di una sapienza segreta, quella delle api» (p. XIV). Dapprima divenne attrice, adottando lo pseudonimo con il quale diventò poi famosa. Girò, con la compagnia teatrale, l’Australia, fin quando, a 25 anni, prese la decisione di tornare in Irlanda.

Nell’Isola del Destino venne in contatto, ospite della famiglia paterna, con gli aspetti meno idilliaci del modus vivendi dei locali contadini, ma ebbe anche la fortuna di incontrare intellettuali di primo piano. Entrò in contatto con George Bernard Shaw, George Russell, noto come EA, che la presentò a W. B. Yeats. Prima di Gurdjieff, a risvegliare nella studiosa l’interesse per l’occulto, furono proprio EA e Yeats: «il primario elemento delle poetiche di Yeats e di AE che possiamo rilevare negli scritti di Pamela è sicuramente l’idea del valore di simbolo dell’esistenza» (pp. XXIII-XXIV). Questo simbolo è esplicitato nelle tradizioni mitologiche. Nei miti d’Irlanda ruolo prioritario è svolto dalle fate. Tali creature sono mediatrici tra l’alto e il basso. Mary Poppins incarnerà perfettamente tale funzione nel suo: «traghettare i bimbi all’età adulta, in forza di una conoscenza ctonia del mondo incantato» (p. XXV): Mary è, infatti, nutrice, fa crescere i bambini e con ciò, li salva, ripristinando l’ordine in quella porzione di cosmo, rappresentata dalla loro famiglia: «E’ l’ordine basato sulla presenza dei cari e del loro amore» (p. XXVII). L’«incontro» con il «suo personaggio», fu vissuto da Pamela in un cottage del Suessex, nei pressi di Mayfield, durante una notte tempestosa.

Viveva con lei, Magde Burnand, appassionata di tradizione celtica e sua amante, con la quale condivideva la passione per il thé e, soprattutto, per il whiskey. Nonostante l’idillio rurale, il tratto aspro del suo carattere si manifestava di continuo nei rapporti interpersonali. Ciò fu evidente nel suo confronto con una personalità del tutto dissimile dalla sua, Walt Disney. Questi la blandì per oltre vent’anni, al fine di portare sugli schermi Mary Poppins. Vi riuscì solo nel 1964 e fu un successo strepitoso. Oltre al tratto caratteriale, ciò che divideva i due, era la diversa lettura del mito e della fiaba. Disney escludeva l’aspetto tragico dalla fiaba: da buon americano puntava dritto al lieto fine. Per Pamela, al contrario: «edulcorare il lato orrendo delle storie significava privare i bambini della conoscenza dell’Ombra e, con ciò, dei mezzi per affrontare l’orrore stesso della vita» (p. XXXIII).

Per tutta la vita la Travers rimase all’ascolto della sapienza segreta delle api, nella convinzione che il sapere vero sia qualcosa di inafferrabile per l’uomo, in quanto richiede un’azione di mediazione, una lingua priva di linguaggio, che si mostra esclusivamente nella natura e in creature come le api. Questo straordinario insetto ha sempre simbolizzato la vita immortale, imperitura, eternamente ritornante, sfuggente come i rettili di Dioniso, alle reti tese per catturarla dalla ratio calcolante. E’ rara, la sua voce può essere ascoltata nei silenzi panici del Sud e nei toni cinerini e hiemali della campagne del Nord. Essa sommessamente ci ri-corda (ci riporta al cuore) che: «pieni di Zeus sono i quattro angoli del mondo» (p. 20).

 

La sapienza segreta delle api, Pamela Lyndon Travers, (Liberilibri 2019) di Viviana Filippini, «Liberi di scrivere», 30 gennaio 2020.

Almeno una volta nella vita, abbiamo visto il film “Mary Poppins” con Julie Andrews. La fata bambinaia che arriva a Londra volando con l’ombrellino è ben nota, ma la sua autrice Pamela Lyndon Travers, nata in Australia da genitori di origine irlandese, scrisse altri libri, tra i quali “La sapienza segreta delle api”, edito in Italia da Liberilibri. Il volume non è un romanzo, ma un saggio contente diversi testi tratti da conferenze e articoli che l’autrice pubblicò su diverse riviste e giornali tra la seconda metà degli anni Sessanta e  Ottanta del 1900. La Travers la conosciamo appunto perché scrisse “Mary Poppins”, trasformato poi in film da Walt Disney e, pensate, che il produttore di cartoni animati impiegò davvero parecchio tempo (anni) per avere dall’autrice i diritti per la produzione. Di certo, da questo volume uscito nel 2019 capiamo che la Travers aveva un carattere forte, deciso. Era una donna colta, con precisa volontà di indipendenza e con ben chiaro quello che i suoi scritti dovevano comunicare. Non a caso, le sue lacrime alla prima del film di Disney, come riportano i bene informati, non furono di gioia, ma di disperazione per come il vero senso della sua vicenda di Mary Poppins venne modificato in funzione di un esagerato buonismo. Il volume pubblicato da Liberilibri ha in sé diverse tematiche approfondite in modo peculiare della scrittrice che amava leggere, scrivere, riflettere, bevendo tè, rum, punch e anche del whiskey. Nel volume si trovano pagine dedicate al valore segreto e nascosto delle api, a quel loro essere simbolo della vita e animale sacro in varie tradizioni,  ritenuto portatore e custode di una conoscenza segreta nella quale ci sarebbero miti, simboli, leggende, fiabe, rituali e tradizioni. Non solo, la scrittrice si concentra sul ruolo fondamentale sulla connessione che l’uomo ha con ciò che lo circonda e lo vede come qualcosa di importante per comprendere i legami che l’io del presente possiede con il contesto dove vive e con le tradizioni che in esso sono presenti. Da questo tema il passo al Mito è breve e la Travers porta noi lettori alla scoperta della sua indagine dove esso è un fattore culturale che si tramanda nel corso del tempo, che è verisimile alla realtà, ma ha delle peculiarità che lo rendono anche diverso da essa. L’autrice evidenzia come il Mito e quegli elementi archetipi che lo determinano ritornano nelle tante storie scritte e narrate. Non a caso l’autrice ci espone la sua idea sulle fiabe, su quelle categorie universali, veri e propri elementi codificati (eroe, antagonista, l’aiutante, l’evento scatenante) che tornano sempre in esse e che diventano degli standard fondamentali per costruire una buona storia nel momento in cui viene messa per iscritta. La Travers fa anche notare che le fiabe, storie per bambini e adulti, in molte occasioni sono state caratterizzate da un buonismo e da un lieto fine costruito ad hoc, che ha però preso le distanze dalle loro versioni originarie. Questo modificare per dare solo e sempre messaggi postivi non è molto apprezzato dalla scrittrice, perché è vero che le fiabe sono opere di fantasia, ma esse affondano le radici nella realtà vera e, se ci pensiamo bene, essa non sempre è bella. “La sapienza segreta delle api” della Travers è un viaggio nella mente e nelle parole dell’autrice, nelle sue indagini culturali, folcloriche, negli incontri con i grandi letterati irlandesi e in quel suo voler approfondire sempre il significato nascosto e segreto delle cose. Testo curato da Cesare Catà.

Pamela L. Travers (Maryborough, Australia, 1899- Londra 1996). Nome d’arte di Helen Lyndon Goff, nacque in Australia da genitori irlandesi. È universalmente nota per la serie di romanzi fantastici con protagonista Mary Poppins. Folklorista e studiosa di mitografia comparata, s’interessò inoltre al bud­dismo zen e studiò sul campo le tradizioni degli indiani d’America. Fu allieva di Gurdjieff e subì l’influenza di W.B.Yeats e G.W.Russell, che la introdussero nei circoli letterari irlandesi e inter­nazionali. Morì nubile nella capitale britannica, all’età di 97 anni.

 

Il lato oscuro di Mary Poppins, di Giancristiano Desiderio, «Corriere della Sera», 6 gennaio 2020, pag. 31.

Se vi dico «chi è Mary Poppins?» mi sapete rispondere, ma se vi dicessi chi è «Pamela Lyndon Travers»? Eppure, senza il genio letterario della seconda non esisterebbe la prima, anche se era proprio Travers, al secolo Helen Goff, a dire di non essere stata lei a creare Mary Poppins ma, al contrario, la fata-bambinaia a inventare la sua autrice. È un caso misterioso assai questo di Pamela L. Travers che con la figura della governante volante che riporta ordine nella disorientata famiglia Banks creò a metà degli anni Trenta del secolo scorso un autentico mito moderno.

Ci sono personaggi che nascono dalla fantasia degli scrittori

per poi vivere di vita propria. A questa famiglia letteraria e mitopoietica appartiene Mary Poppins ma, forse, con un alone di mistero in più riguardante sua «madre» o, chissà, sua «figlia»: Pamela L. Travers. È giunto il momento di scoprirlo?

Il testo più prezioso per addentrarsi nell’anima della scrittrice australiana è What the Bee Knows che soltanto ora è stato tradotto da Cesare Catà e edito in Italia dalla Liberilibri con il titolo La sapienza segreta delle api. Questi «scritti misterici», magistralmente introdotti dallo stesso Catà, ci rivelano il lato oscuro di Mary Poppins e mostrano come due mondi influirono sull’anima infantile di Helen: la società rurale dell’Australia e la terra d’Irlanda, luogo d’origine del padre abitato da fate, gnomi e draghi e le voci di Omero, Shakespeare e Yeats. Per la Travers, che compirà a ritroso il viaggio del padre dall’Australia all’Irlanda e che diventerà allieva di Gurdjieff dopo aver conosciuto personalmente Yeats grazie all’amicizia con George Russell, le fiabe non sono semplici componimenti per bambini e non sono nemmeno a lieto fine. Come disse Kafka a Gustav Janouch: «Non esistono fiabe non cruente. Tutte provengono dal fondo del sangue e dell’angoscia». Quando Mary Poppins giunge a Londra, la famiglia Banks vive un incubo: la disgregazione. La stessa angoscia vissuta dalla piccola Helen.

 

La sapienza segreta delle api, di Simonetta Sciandivasci, «Il Foglio», 2 gennaio 2020, pag. II.

Delle mille mila cose che Pamela Lyndon Travers ha tenuto in mente e messo in conto scrivendo Mary Poppins, ce ne sono un paio che servono a fare bene i giornali, i libri, le educazioni sentimentali. La prima: l’inferno è amico delle storie (così ha scritto Jonathan Gottschall in The Storytelling Animal), ragione per cui quando Travers vide quello che Disney aveva fatto al suo romanzo, pianse, maledicendosi per averglielo permesso. Ci aveva messo più di vent’anni a farsi convincere a cedere i diritti del romanzo, senza mai fidarsi davvero, rimanendo scettica e litigando e divergendo con Disney su tutto; lui chiamava lei Pam e lei Mr Disney lui, convinta com’era che chiamare qualcuno che non si conosceva con il nome proprio provocasse un incantesimo. Per lei le fiabe dovevano essere un incontro con le ombre, un modo di guardare il terrore negli occhi, mentre per lui erano una prova di come in tutto esiste una possibilità di vincere il male, rimuoverlo ed essere felici. Lui lavorava per i bambini, per fare di oro degli ottimisti battaglieri; lei per gli esseri umani, per non fare di loro niente, ma mostrare loro tutto, o almeno il più possibile. Per questo, si serviva di tanti saperi, specie quelli esoterici (dei giornalisti che accettava di incontrare provvedeva sempre prima a conoscere il quadro astrale), del folklore, della mitologia (il mito era per lei “la più autentica verità”), della poesia – questo libro raccoglie molte pagine in cui Travers racconta come li usava.

La seconda cosa dalla quale non smise di farsi guidare era ciò che racconta di aver imparato frequentando Yeats, che non le diede mai lezioni, ma lasciò che fosse lei a trarre degli insegnamenti: un modo, questo, che lei scrisse averle rivelato il segreto della scrittura, che starebbe nel “dire meno di quanto si ha bisogno di dire” – in un breve saggio qui inserito, Travers scrive: “Il mio istinto è sempre lavorare per sottrazione, mai per addizione”.

 

La sapienza segreta delle api di Pamela L. Travers

L’eroina dai mille volti, di Cristiano Saccoccia, «www.classicult.it», 15 dicembre 2019.

La ragione sa ogni cosa, ma i sentimenti, a volte, sanno sempre qualcosa in più.

E non si può approcciare La sapienza segreta delle api come qualsiasi altra antologia di scritti saggistici, come un semplice arazzo di articoli e testi divulgativi, perché rimarrete intrappolati in un pathos tragico-emotivo dove soltanto i lumi della disragione e della sensibility brillano di lucore proprio; e quel pragmatismo asettico e moderno rimane sepolto tra le macerie di una razionalità stantia.

Pamela L. Travers insegna a ragionare non con il cuore, non con il ventre o l’anima, ma con qualcosa di ben più antico e nascosto dentro noi stessi; una particella embrionale del racconto mitico, mutevole e indomabile, dove le leggende e le fiabe regnano libere.

Sicuramente il libro di saggistica folklorica e misterica più bello di quest’anno, un libro che sdogana la scrittrice Helen Lyndon Goff (vero nome di Pamela L. Travers) dalla etichetta univoca (e forse troppo limitante) di scrittrice per l’infanzia. Come non ricordare infatti che la Travers siglò la serie di successo globale di libri per ragazzi di Mary Poppins? Romanzi che essa stessa vedeva non come il compimento della sua maturità artistica e culturale. Infatti La sapienza segreta delle api diventa un’opera quasi testamentaria, un codice di 21 saggi/articoli che delineano perfettamente lo spessore intellettuale e la sensibilità artistica di questa donna nata sul finire del diciannovesimo secolo, proprio nel 1899.

Nata in Australia, ai tempi considerata tra le più antiche terre del mondo, visse ascoltando storie irlandesi e filastrocche delle Highlands attraverso i cuori parlanti dei suoi genitori. In un clima così stimolante la giovane Pamela si nutrì di miti, fiabe e favole e crebbe all’ombra degli antichi alberi custodi delle verità primigenie. Lo racconta anche lei, ora i bambini sono troppo distratti (Ah! Cara Pamela L. Travers, ora è molto peggio) dai giochi e da altre diavolerie moderne, mentre nella sua giovinezza poteva rincorrere farfalle e ascoltare le parole sussurrate da quelle api che lei reputava guardiane delle verità del tempo e della natura. Come suggerisce lei stessa, le api sono esseri mitologici appartenenti alle più svariate culture sulla terra, basta riflettere sulla loro etimologia: beu in cornico, beo in irlandese, byw in gallese, e in greco bios (che poi significa anche vita).

«Dunque, l’ape rappresenta fondamentalmente – o ne viene considerata come la manifestazione – il verbo “essere”, to be. Non stupisca dunque che l’ape, nella mitologia, venga vista come l’ospite rituale dei più alti spiriti – essa simboleggia Vishnu, Indra e Krishna, noto in India come “Colui che è nato dall’albero di nettare”»

Il mito per Pamela L. Travers non è una menzogna o una volgare allegoria per spiegare un evidente fatto scientifico o una sfumatura della realtà, bensì qualcosa di molto più potente e pregnante, la più autentica verità. Infatti, come sottolinea la Travers, in accordo con Kerényi, la mitologia è viva (bios), più viva dell’arte e della poesia e di qualsiasi altra forma di espressione perché lei è realtà vivente. Una visione così evocativa e allo stesso tempo scientificamente corretta, perché, secondo Alessandro Voglino (alto divulgatore di letteratura fantastica e direttore della fantacollana Nord), il fantastico (alla stregua della mitologia) è così saturo di costruzioni archetipiche di essere, in una visione sottile, più reale della realtà stessa. Perché incarna i topoi e il bagaglio mitico-ancestrale dell’umanità per tradurli nel racconto.

Potremmo dilungarci per molto, sospinti come accennavo dalla emotività di questa scrittrice brillante (colpa anche della poetica e correttissima introduzione del mio compaesano Cesare Catà), ma credo sia più corretto lasciare questa meravigliosa scoperta saggistico-letteraria (finora inedita in Italia) ai lettori che acquisteranno il volume della casa editrice maceratese Liberilibri.

Mi soffermo nell’evidenziare la mente cangiante di Pamela L. Travers, capace di sciorinare (con competenza e passione, non per mero sfoggio nozionistico) collegamenti coerenti e complicati, di districarsi in foreste celtiche come in giungle orientali e tornare viva alla “civiltà” per raccontarci gli insegnamenti carpiti da questi viaggi tra i libri e le storie. Una lettrice avida di leggende, eroi e eroine, capace di riconoscere e promuovere la forza attiva delle donne, insegnando loro tramite il folklore e i racconti del focolare o delle leggende antiche. Donne che non devono ristagnare in un ruolo passivo come vittime di un fato imperante bensì diventare attive e padrone del loro racconto, non uditrici di gesta ma eroine. Perché tutti dobbiamo essere capaci di narrare una storia, la nostra.

Eroina dai mille volti

La Travers è perciò un’eroina dai mille volti, parafrasando il testo capolavoro di Campbell, in bilico tra gnosticismo zen e ballate epiche irlandesi, tra i meandri della poesia vedica e nei labirinti della tragedia greca, guidata da una profonda conoscenza della filosofia e della psicanalisi junghiana, dagli incontri con AE e Gurdjieff, e il poetico esoterismo di William Blake, Keats e Shakespeare.

Per non parlare di quell’amore che sempre coltivò per il “romanticismo nero” delle favole “crudeli” dei fratelli Grimm e di quella tragica visione del mito che sempre si scontrò con la visione positivista di Walt Disney, pover’uomo che sempre si scontrò con Pamela L. Travers per la realizzazione del film di Mary Poppins.

I due non potevano essere più diversi: Walt Disney promuoveva una visione “if you can dream it, you can do it” la Travers al contrario voleva dare alle sue storie uno spessore più significativo del normale happy ending, insegnare i valori di quella “sofferenza” che tutti i miti e anche le fiabe sanno insegnare, perché il dolore è anche uno strumento di auto-indagine per la forgiatura non del IO ma della comunità. Gli ammaestramenti morali, etici e pratici delle fiabe e dei miti non possono essere edulcorati e sottomessi a puerili visioni ottimistiche e mascherate da colonne sonore e balletti. La Travers lottò con caparbietà per lasciare la sua impronta nel film di Mary Poppins, il risultato, come spesso succede, è una via di mezzo.

Tra le cose che ho apprezzato di più delle disquisizioni sparse all’interno del volume curato da Cesare Catà sono le riflessioni sulla letteratura fantastica. Infatti la Travers non solo leggeva fumetti come Superman o Hulk ma coltivava l’amore del legendarium tramite la lettura di Tolkien e di Ursula K. Le Guin. Di Tolkien parlerà benissimo come:

«Tolkien è uno dei segni dei nostri tempi. Coloro che in futuro emigreranno nello spazio in colonie interstellari certamente porteranno con loro i libri di Tolkien. Tutte le subcreazioni saranno quanto mai necessarie per dare a quegli uomini lassù una pienezza psicologica interiore che equilibri la vacuità dell’esterno.»

L’other world tolkieniano quindi si arricchisce di connotazioni essenziali. Il secondary world fantastico, ovvero un mondo sub-creato dal nostro, diventa unica matrice per alimentare la fantasia dell’uomo e di salvarlo dalla vacuità cosmica, ma non solo da quella universale ma anche dall’asfissia turbo-moderna che ci costringe a dimenticare il ruolo didattico, evocativo e primordiale delle fiabe. Il mondo fantastico (di Tolkien, Le Guin, Lewis o di Hulk) non è un mero tentativo di evasione dalla realtà, non si tratta di escapismo letterario, più che fuga possiamo parlare di volontà di analizzare il nostro mondo con una nuova lente di ingrandimento, un microscopio potentissimo fatto di leggende e canzoni di gesta.

Forse dovremmo perderci nei boschi o seguire i corsi dei fiumi, rimanere incantati davanti agli alberi che possono raccontarci storie o ascoltare il ronzio delle api. Chissà cosa potranno dirci.

 

“La sapienza segreta delle api”, di Gabriele Ottaviani, «Convenzionali», 14 novembre 2019.

Matilda non era l’unica raccontatrice di storie. In un certo senso, a nessuno mancava un grimmo da narrare. Il grimmo era un rito sociale. Su di esso si fondavano dicerie e chiacchiericci, come una sorta di sermone della domenica. «V’era un uomo che andò a seminar lontano», o «Leda giaceva sotto l’ala di un cigno», erano inevitabilmente gli inizi di un grimmo. Solo quando l’alfabeto mi si rivelò attraverso matite in scatole da tè, con lettere stampate su sacchi di farina, con etichette sulle scatole di fagioli, con “Pesca di beneficenza” sulle tavole davanti alla Chiesa – solo allora capii che i grimmi erano, in realtà, i Grimm! Il diletto Orlando, La guardiana delle oche e le altre storie erano state raccolte, come un mazzo di rose selvatiche, e sistemate in un libro – o, per essere più precisi, in due libri: due massicci ed erti volumi rossi, in pagine ruvide a stampa, che scoprii nella libreria di mio padre insieme a Dodici scene sul letto di morte e ai drammi di un tale di nome William Shakespeare. Direi che pure lui un grimmo o due li conosceva.  Ora sono scoloriti, quei due vecchi amici, con le loro copertine rosse fattesi rosa; e tuttavia, a dispetto del tempo e dell’usura, sono ancora comunque splendidi, così capaci di rispondere alle richieste di ogni nuova generazione.  Ovviamente ci sono state poi delle riedizioni. Una è qui sulla mia scrivania, nella traduzione di Ralph Manheim. Il fatto di essere stata chiamata a scrivere sulla cosa, e quindi mi sia stato non solo concesso ma persino richiesto di leggere una nuova edizione dei Grimm, mi ha riempito di un’intima gioia. Il mio sangue scorre lieve come il dolce Tamigi. Ma presto ha incontrato una diga.  Vero è che i miei libri rossi erano andati fuori stampa e che il volume Le fiabe del focolare non riscuoteva più grande successo. Fu dopo la Prima guerra mondiale, forse, che la gente che era stata bambina, avendo visto la brutalità dei fatti della vita, decise che i racconti incantati dei Grimm erano troppo cupi. Dev’essere stato in quel momento che si cominciò a dare importanza all’infanzia in quanto infanzia. Una fase passeggera – dieci secondi su un totale di sessanta – divenne, per così dire, una questione a parte; qualcosa di statico, con dei confini, che si poteva mappare alla stregua di un’unità geografica. «Ispezionare, dissezionare, proteggere»: dicevano psicologi, insegnanti, operatori sociali. Così, per la prima volta, i bambini divennero infantili. E, per evitare che sapessero ciò che sapevano – ciò che da sempre, dolorosamente, avevano saputo – furono sì raccontate loro le storie delle fatine, dei bimbi che non volevano crescere, di Topolino e Minnie; ma non Il fuligginoso fratello del diavolo, non La luce azzurra, non Pif Paf Pum Scopino. Negli ultimi trentacinque anni, le fiabe dei Grimm sono state accuratamente censurate, e alcune specifiche storie ridotte a mere illustrazioni. I librai della New York Public Library, se un cliente gli chiede dove sia il volume de Le fiabe del focolare, si mettono un dito sulle labbra come se vi fosse qualcosa di impronunciabile da dire; poi se ne escono: «Beh, sapete, era qui, c’è ancora, ma tenuto in una stanza segreta con altri miti. Sapete, i genitori erano preoccupati che quelle fiabe potessero rendere i loro bambini impermeabili alla certezza del lieto fine e all’ottimismo.»  Ottimismo irrealistico! Se c’è qualcosa di infinitamente distante dall’ottimismo irrealistico sono proprio le fiabe! Per entrare nel periglioso territorio delle fiabe occorre un cuore saldo, una volontà ben temperata e molto pelo sullo stomaco.

Stramba, coltissima, solitaria, severa, libera, inflessibile, elegante, svampita, sognatrice, appassionata di mitologia e folclore, scrittrice per l’infanzia e sacerdotessa di un culto iniziatico, misterioso e misterico che vuole penetrare l’inconoscibile che come polvere negli angoli si annida fra i nodi che intessono la trama delle fiabe, moniti catartici non privi di un lato oscuro in cui, come due facce d’una medesima medaglia, lieto fine e angoscia, soprattutto quella dell’infanzia, che non ha le parole per spiegarla, sono inestricabilmente connessi, all’anagrafe Helen Lyndon Goff, assai più nota come Pamela L. Travers, colei che ha dato vita al personaggio della bambinaia per eccellenza, incarnato sullo schermo prima da Julie Andrews e poi da Emily Blunt, e che a sua volta è stata protagonista, resa con la consueta classe dall’impeccabile Emma Thompson, di una pellicola, è l’autrice dei testi, finora inediti in Italia, qui raccolti da Liberilibri: La sapienza segreta delle api, a cura di Cesare Catà, è da leggere, rileggere, far leggere.