Messinscena celebra innanzitutto la morte della parola assennata, accorta e lungimirante in tutti i luoghi di pubblico ritrovo, il suo inarrestabile sregolamento e sgretolamento. In principio erat Verbum… ci sarà ancora alla fine?
Nell’autocoscienza infelice dell’Io narrante l’interrogativo sembra aver già scavato labirintiche latomie, provvidenziali se non altro perché impediscono alla voce che vi si è reclusa ogni commercio con un esterno detestato e detestabile. Alla consapevolezza del fatto che lavoriamo con le parole, usandole per cambiare le cose ma anche per far essere e far restare le cose così come sono, si affianca qui paradossalmente il più deciso diniego del dialogo. Le parole, infatti, si sfibrano sviliscono e confondono passando di bocca in bocca; e soprattutto quelle scambiate in assemblee riunioni congressi raduni meetings comizi convegni parlamenti conventions simposi adunanze ricevimenti tavole rotonde consigli e altre forme di umano assembramento, ammassamento e affollamento, rivelano la loro vergognosa impostura e impotenza.
(Dall’Introduzione di Giovanni Guanti)