«Finché si diceva: “l’individuo non esiste e se anche esiste non è imputabile”; “gli atti sono determinati”; “la responsabilità è collettiva”; “la società è ingiusta”; “nessuno deve soffrire”, e si continuava a condannare gli individui secondo i canoni della vecchia giustizia, sembrava che tutto andasse per il meglio. La prassi non ne soffriva e gli autori di quelle dottrine illuministiche, positivistiche, scientistiche, socialistiche, umanitaristiche potevano accedere al laticlavio.
Improvvisamente ci si è accorti che qualcuno applicava quelle dottrine come se fossero state vere. Scaricava sulla società la responsabilità collettiva, faceva a meno di rispettare l’individuo, che non esiste (all’occorrenza uccidendolo), praticava l’esproprio rivoluzionario, etc.; e non essendo imputabile, chiedeva di non essere condannato.»
Poco o nulla è cambiato dal 1977, quando l’Autore scriveva Perché punire? Di qui la scelta di ristampare quasi immutato questo testo divenuto introvabile, che getta luce su aspetti fondamentali delle cause del collasso della giustizia penale.