Come osserva Giovanni Fiandaca, «considerata come istituzione sociale e non solo come istituto giuridico, la pena è caratterizzata da una polivalenza storicamente molto stratificata di significati e di funzioni: a dispetto del fatto che se ne intenda di volta in volta privilegiare l’una o l’altra concezione, essa presenterà sempre una eccedenza di senso che sfugge all’intelletto classificatore».
Ma pur tenendo bene a mente questa inoppugnabile realtà, oggi la questione su significato e funzioni della pena si impone, e con sempre maggiore urgenza, come questione di civiltà.
Partendo dal filo rosso di una critica radicale alla pena della carcerazione, studiosi del diritto e di altre discipline affrontano un ripensamento più generale del sistema punitivo-afflittivo, muovendo non solo dalla costatata inefficacia della pena quale strumento di risposta al reato, ma dalla sua crisi di senso e in definitiva di legittimità̀, e additando nuovi modelli di giustizia alternativa.
Solo lasciandoci alle spalle (salvo casi eccezionali, e con un carcere diverso da quello attuale) una pena barbara che non realizza né giustizia né sicurezza, potremo avere un diritto penale degno della cultura giuridica del nostro secolo.